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I vitigni si possono distinguere per differenti forme e colori dei chicchi di uva, del grappolo e delle foglie, oltre che per differenti periodi di maturazione e soprattutto per le diverse caratteristiche organolettiche dei vini da essi ottenuti.

In funzione del colore dell'acino i vitigni vengono classificati come:

  • a bacca nera (termine più corretto, dal punto di vista ampelografico, di bacca rossa: rosso è il colore del vino corrispondente)
  • a bacca bianca
  • a bacca rosa
  • a bacca grigia

Per identificare un dato vitigno è necessaria un'accurata descrizione della forma delle foglie e dei frutti (grappoli); di questo si occupa l'ampelografia. Tale studio sistematico ebbe inizio con l'agronomo latino Columella e si sviluppò con Pier dei Crescenzi nel XIII secolo e soprattutto con il Conte Odart che scrisse nel XIX secolo l'Ampelografia universale.

Oggi, a queste accurate descrizioni morfologiche, standardizzate dall'Organisation internationale de la vigne et du vin si sono aggiunte le più accurate analisi del DNA.
Numerosi vini vengono prodotti utilizzando una miscela di uve, per l'ammostamento, composte da differenti vitigni (uvaggio) oppure (ed è una cosa assai diversa) da una miscela di vini diversi per provenienza, modalità produttiva e invecchiamento ma ciascuno tipicamente di derivazione di un solo vitigno (taglio).

In Italia i vitigni più diffusi sono tra i rossi il Nebbiolo, il Sangiovese, la Barbera, il Primitivo ed il Montepulciano; tra i bianchi il Trebbiano, il Vermentino, la Vernaccia, il Moscato, la Malvasia. Queste sono però le varietà di sicura origine italiana: molto diffusi e tra i primi posti della classifica anche gli onnipresenti vitigni internazionali (con chardonnay e merlot in testa).

Nel mondo si stima che esistano circa 5000 vitigni coltivati. I più famosi e diffusi nel mondo (i cosiddetti "Vitigni internazionali") sono fra i rossi il Cabernet-Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot, il Pinot Nero, lo Zinfandel e la Syrah; tra i bianchi il Sauvignon, lo Chardonnay, il Muscat ed il Riesling. Tra gli internazionali, i vitigni francesi sono praticamente coltivati in ogni nazione al mondo che produce vino (borgognoni: chardonnay e pinot nero; bordolesi: merlot e cabernet).

Vitigno aromatico

Categoria particolare di vitigno è il vitigno aromatico. Un vitigno aromatico è una varietà dotata di particolari odori e aromi, gradevoli ed estremamente riconoscibili, che riportano per definizione ad essenze vegetali raffinate (erbe e spezie). Tra i vitigni aromatici vi sono, ad esempio, il moscato e la malvasia. Esistono anche i vitigni semiaromatici. Queste note varietali, già percepibili distintamente assaggiando un acino di uva del vitigno aromatico, sono poi cedute al vino prodotto.


Per certi aspetti, il passito e il moscato sono simili ma presentano una importante differenza che riguarda il tipo di uva utilizzata e la loro lavorazione. Sono concepiti entrambi per accompagnare dessert e dolci.


I TIPI DI UVA PER PASSITO E MOSCATO

Il moscato prende il nome dall’omonimo vitigno da cui si produce l’uva. Queste viti sono presenti in tutta l’Italia e la particolarità dei loro frutti è che hanno un aroma decisamente intenso, che ne rende perfetto il consumo in purezza. La vinificazione per il moscato avviene con uva fresca.

Per il passito, invece, possono essere utilizzati diversi tipi di uva (anche quella moscato...). Come si intuisce dal nome, la particolarità del passito sta nell’appassimento del frutto per favorire una maggiore concentrazione di zuccheri in ogni acino: questo può avvenire in modi diversi, in pianta o dopo la raccolta, e da origine a vini che non sempre vengono identificati col nome passito.

I MIGLIORI VINI PASSITI E MOSCATO ITALIANI

In questa speciale classifica troviamo, fra i migliori vini italiani, il Passito di Pantelleria DOC dalla Sicilia, il Moscato Rosa passito dall’Alto Adige e il Pinot Grigio passito veneto.
Tra i moscati, quello di Pantelleria DOC e di Terracina DOC anche se quello più amato e conosciuto è il Moscato d’Asti DOCG.

COSA ABBINARE A PASSITO E MOSCATO

I vini passiti e moscato sono solitamente accompagnati con dessert e piccoli dolci. Il moscato in particolare è un vino leggero e dal sapore delicato che si abbina a dolci lievitati tipici delle festività, come panettone, pandoro e colombe.
I vini passiti, invece, sono particolarmente indicati con tutta la pasticceria secca, biscotti, crostate, ma anche con formaggi e stuzzichini salati.

Cos'é

Il sommelier è un professionista in grado di effettuare un'analisi organolettica delle bevande al fine di valutarne la tipologia, la qualità, le caratteristiche, le potenzialità di conservazione, soprattutto in funzione del corretto abbinamento vino-cibo.

Cosa fa

Nei ristoranti si occupa della selezione dei prodotti, in accordo con la direzione della struttura, della redazione e dell'aggiornamento della lista dei vini nonché della gestione della cantina. Nella sala ristorante consiglia ai clienti il giusto vino da abbinare alle preparazioni dello chef. Cura il servizio dei vini stessi e di tutte le bevande alcoliche. Il sommelier non serve l'acqua, compito demandato esclusivamente ai camerieri.

Le competenze

Il sommelier professionista deve conoscere le principali regioni vitivinicole del mondo (enografia) insieme a nozioni normative (enolegislazione), la storia del vino, le tecniche colturali ed enologiche, i vitigni (ampelografia) e i vini; inoltre, non deve trascurare la conoscenza dei distillati, dei liquori, delle birre, dei principali cocktail internazionali, della gastronomia e della cucina.

Etimologia della parola

Da che cosa deriva il termine Sommelier? Deriva dalla parola francese saumalier. In origine il significato era conducente di bestie da soma; col tempo mutato in addetto ai viveri, poi in cantiniere. L'origine latina va individuata nella parola sagma, che significa soma e, per estensione, il carico che gli animali da soma trasportano.
I soldati napoleonici erano soliti legare le botti sulle bestie da soma per trasportare il vino (e non solo i soldati napoleonici); la persona che si occupava di trasportare il vino ha piano piano iniziato a occuparsene in altro modo, fino a diventare un esperto. Questa figura si è nel tempo evoluta fino a diventare il professionista dei giorni nostri.

Differenze fra sommelier e assaggiatore

La figura del sommelier è diversa da quella dell'assaggiatore di vino, seppure siano comuni la degustazione professionale di un vino nonché la conoscenza e la cultura dei vini. L'assaggiatore si focalizza sul giudizio tecnico e sulla qualità del vino (in particolare, è addestrato per rilevare e giudicare gli eventuali difetti presenti o la conformità all'eventuale disciplinare o modello produttivo/territoriale); il sommelier integra l'assaggio con la presentazione, il servizio e l'abbinamento del vino, in pratica 'racconta' il vino in tutte le sue sfaccettature.

Gli strumenti del sommelier

I principali strumenti del sommelier:

  • Il tastevin - oramai quasi caduto in disuso come strumento tecnico, ma che non deve mancare mai al collo di ogni sommelier, in quanto, nel corso degli anni, ha assunto il valore di autentico emblema della categoria.
  • Il cavatappi - È con il cavatappi che il sommelier effettua l'apertura della bottiglia. Il cavatappi del sommelier deve essere di tipo tascabile, dall'estetica sobria, non particolarmente vistoso o appariscente.
  • Il termometro - Un altro accessorio che non può mancare è il termometro. Per poter godere appieno le qualità di un vino, è imperativo che venga servito alla giusta temperatura, la quale varia, a seconda della tipologia del vino.
  • Il frangino - è un piccolo tovagliolo - solitamente di cotone bianco - utilizzato sia per pulire la bottiglia da eventuali residui di tappo o "lacrime" dopo la stappatura, sia per appoggiarvi la bottiglia nello spostarsi fra i tavoli ed i commensali e, infine, per asciugare il collo della bottiglia dopo aver versato il vino nel calice, onde evitare la perdita di gocce.
  • L'abbigliamento - Quando esercita le sue funzioni, il sommelier deve essere vestito secondo il codice e la tradizione richieste dalle associazioni di categoria, e in modo variabile (più o meno elegante) a seconda delle circostanze.

Certamente vi è capitato di mettere un cucchiaino in una bottiglia aperta di spumante, nella convinzione che questa operazione impedisca allo spumante di perdere la caratteristica frizzantezza.

Ebbene, sappiate che è un operazione del tutto inutile!

Si tratta di una semplice leggenda metropolitana senza nessuna evidenza scientifica a riprova. Uno studio in merito è stato fatto nel 1994 dall’Università di Stanford, che afferma che l’uso del cucchiaino non migliora né peggiora la qualità del vino. Nel 1995, inoltre, un gruppo di scienziati di Épernay (la capitale dello champagne) provò a conservare bottiglie di spumante semivuote per verificare le variazioni di pressione del gas al loro interno. Alcune bottiglie vennero lasciate senza tappo, altre con un cucchiaino nel collo, altre ancora tappate.

I risultati dimostrarono che l’unico sistema efficace per mantenere l’anidride carbonica nel vino è un tappo ermetico.